Non sono solo
Priscilla

Mi sono sentita a tratti travolta da un onda. Ma allo stesso tempo il mare è anche in grado di donare tanta pace e momenti di gioia. Ricordo conn piacere la gita al mare con gli altri signori del centro diurno ed i loro familiari è stata una piacevole giornata.
Di chi ti prendi cura? Per quanto?
Mi occupo di mio marito da 10 anni. Mio marito è affetto da demenza, probabilmente di origine mista.
I primi segni sono emersi qualche anno prima della diagnosi, ha iniziato a fare cose strane e a manifestare comportamenti che non aveva mai mostrato prima.
Ora ha perso completamente la memoria e non riconosce i suoi cari.
Raccontami un po’ di te: come si svolgono le tue giornate, come il lavoro di cura coincide con le altre attività della tua vita come il lavoro, la famiglia e le tue passioni?
Ora sono in pensione. Per nove anni mi sono occupata di mio marito 24 ore al giorno. Sono stati anni molto difficili, lui era sempre con me e non potevo allontanarmi da lui o assumere persone che mi aiutassero in casa perché lui voleva stare solo con me.
Fino all’anno scorso mi sentivo incatenata, non riuscivo più a prendermi cura di me stessa e a fare cose semplici come truccarmi o farmi una piega perché passavo tutto il tempo a occuparmi di lui.
Lui vive in una bolla, staccato da tutto e ogni tanto c’è qualcosa che lo richiama al mondo esterno. Ero arrivata a un punto di rottura, non so come sarei finita se avessi continuato così. L’anno scorso, con l’aiuto della geriatra e dell’assistente sociale, ho inserito mio marito in un centro diurno.
Da allora, sia la mia vita che la sua sono cambiate in meglio. Frequenta il centro dal lunedì al sabato, dalle 9.00 alle 17.00.
Ora è molto più gestibile a casa. All’inizio respiravo e basta, poi ho ricominciato a prendermi cura di me stessa e ho ripreso le mie passioni come la lettura e il giardinaggio. Prima di accompagnarlo al centro diurno facciamo qualche giro, poi quando torna giochiamo a carte, cantiamo insieme e guardiamo la televisione.
Di recente ho frequentato un corso per diventare tutor presso la “Palestra della Memoria” e ora sono nel gruppo, vorrei restituire il sostegno ricevuto, aiutare gli altri, trasmettere ciò che ho imparato in questi anni e portare un valore aggiunto alla mia esperienza di caregiver.
Quali sono le principali difficoltà che incontri?
Le difficoltà che ho incontrato sono state di tutti i tipi. All’inizio non mi rendevo conto di cosa stesse succedendo, aveva comportamenti strani che non riuscivo a capire, era geloso, tendeva ad isolarsi, dimenticava le cose ed era più irritabile. Finché non è arrivata la diagnosi, la geriatra mi ha spiegato di cosa si trattava.
Quando ho iniziato a capire ho attraversato un periodo di forte rabbia, non riuscivo a capire, mi chiedevo perché fosse successo a lui che è sempre stato così attivo, socievole e aperto verso gli altri. Mi sono rivolta alla psicologa dell’ospedale che mi ha aiutato a sviluppare chiavi di lettura diverse e ad essere più consapevole, insegnandomi anche alcune strategie per gestire i disturbi comportamentali.
Come cerchi di affrontarli?
Ho cercato aiuto, ho coinvolto i figli non tanto per un aiuto pratico quanto per un sostegno psicologico. Ho raccolto informazioni per cercare di capire meglio e ho partecipato ad un gruppo di auto-mutuo-aiuto. Al gruppo ho conosciuto altre signore nella mia stessa situazione, ci siamo scambiate consigli su come gestire i momenti critici.
La psicologa del gruppo mi ha anche fornito ulteriori strumenti e strategie per affrontare i BPSD. Mi sono resa conto che da sola non sarei andata da nessuna parte, quindi dovevo cercare l’aiuto di professionisti, e ho trovato molto aiuto nella geriatra, negli psicologi, nell’assistente sociale e negli altri membri del gruppo di auto-mutuo-aiuto. La vergogna non è servita a nulla e ho capito che non sono sola.
Ti senti discriminato o prevenuto come badante?
No, non sono stata vittima di pregiudizi, quando le persone si rendono conto che mio marito ha una malattia comprendono. Certo, la nostra cerchia di amici si è ristretta negli ultimi anni, hanno visto che mio marito era in difficoltà, che si stava isolando e che non riusciva più a fare le cose che faceva prima, e si sono allontanati.
Tuttavia, ho capito il loro punto di vista. Quasi tutti i caregiver che ho incontrato al gruppo di auto-mutuo-aiuto hanno detto che dopo la diagnosi la loro cerchia di amici si era ristretta. In fondo, siamo tutti un po’ egoisti. Tuttavia, vedo che più se ne parla, meglio è per se stessi e per capire che si tratta di una realtà condivisa.
Se sì, come ti fanno sentire?
Mi sono sentita un pò sola.
C’è qualcosa che vorresti che le persone che non sono caregiver sapessero?
Vorrei che sapessero che è molto difficile e non si finisce mai, si perde la pazienza e si devono ripetere le stesse cose molte volte. Ci si stanca molto.